Fino a poco più di due mesi fa lo smart working era riconosciuto come una pratica versatile ma la sua diffusione era ancora limitata. Con l’avvento del lockdown, la sua utilità si è rivelata fondamentale per poter permettere a migliaia di lavoratori di continuare a lavorare da remoto. Possiamo quindi affermare che nel 2020 sia cambiato il concetto di lavoro e di rapporto lavorativo? Da Maggio 2017 lo smart working, anche detto ‘lavoro agile’, è stato ufficialmente regolato in Italia. Da questa data il suo sviluppo è stato vertiginoso, rappresentando un vantaggio sia per le aziende che per il lavoratore. Il trend di questo fenomeno è in forte crescita, in particolare nelle grandi imprese dove ormai più del 50% di queste hanno avviato progetti fondati sullo smart working. Se siete sorpresi da questi numeri è normale. Vi starete chiedendo: che beneficio trae un’azienda che consente ai suoi dipendenti di lavorare in remoto? La risposta è data da i seguenti indicatori:
- aumento produttività del 15%
- riduzione del 20% del tasso di assenteismo
- risparmi del 30% sui costi di gestione di uffici e spazi lavorativi
Ma cos’è lo smart working? È un modello di occupazione rivoluzionario che non prevede la presenza in azienda del lavoratore, al quale viene garantita parità di trattamento sia economico che normativo. Va fatta però chiarezza su un concetto fondamentale: con smart working non si intende lavoro da casa ma lavoro in remoto dall’ufficio, in luoghi che comprendono coworking, mezzi di trasporto e talvolta la propria casa. Questa pratica rappresenta un nuovo approccio al modo di lavorare e collaborare all’interno di un’azienda, e si fonda su alcuni concetti chiave:
- Il rapporto tra manager e dipendente che passa da controllo a fiducia
- L’implementazione e l’impiego di nuove tecnologie collaborative che vanno a sostituire rigidi mezzi di comunicazione
- Una riorganizzazione degli spazi di lavoro che vanno oltre l’ufficio
Pro e contro Tra i vari vantaggi che porta questo approccio troviamo:
- Gestione del tempo autonoma
- Gestione della vita familiare
- Responsabilità
- Meno spese
- Aumento di stress
- Incapacità di gestione del tempo
- Isolamento
- Difficoltà a staccare dal lavoro
Smart working e Coronavirus Come ben sappiamo questo periodo di lockdown dovuto al covid-19, ha obbligato le persone a svolgere il proprio lavoro da casa. Le realtà già organizzate con il lavoro in remoto non hanno avuto grandi problemi organizzativi ma non si può dire lo stesso invece per tutte quelle imprese che non prevedevano in precedenza lo smart working. Molte di esse però, si sono attivate e hanno introdotto questa pratica con l’obiettivo di rimanere operative. Tirando le somme si può quindi trovare un aspetto positivo: la capacità di adattamento di alcune realtà è stata sorprendente e ha mostrato che il lavoro in remoto è possibile da mettere in pratica. Questa emergenza ha portato una forte consapevolezza rispetto al tema smart working evidenziandone l’utilità e la versatilità in casi di bisogno come quello attuale.
Una possibile soluzione Lo smart working si è rivelata una misura utile da adottare in casi di emergenza e, come visto in precedenza, i benefici che porta sono innumerevoli. Le potenzialità rendono questa pratica una valida alternativa al lavoro ordinario ma gli aspetti negativi esistono e non possono passare inosservati. L’isolamento può rappresentare un problema in quanto impedisce al lavoratore di vivere tutte le dinamiche tipiche di un ufficio, quindi se da una parte c’è un guadagno di autonomia e responsabilità, dall’altro il rischio dell’alienazione aumenta. Le conseguenze di questa situazione, come visto in precedenza, possono essere controproducenti sia per il dipendente che per l’azienda. Una soluzione a questo problema, già utilizzata da molte aziende, è evitare un lavoro in remoto permanente. L’idea vincente potrebbe essere un’alternanza di lavoro in remoto e lavoro in ufficio, in modo per andare a spezzare la solita routine e andare a ricongiungere le persone con i propri colleghi di lavoro.