In un precedente articolo avevamo già affrontato l’argomento lean management, la gestione snella che mira a minimizzare gli sprechi. In questo articolo approfondiamo quali sono, secondo il modello giapponese, le attività da evitare per eliminare questi sprechi.
La filosofia lean individua sette tipologie di sprechi, che in giapponese si chiamano muda. Queste sono attività che non aggiungono valore al bene o al servizio offerto dall’azienda e che, pertanto, devono essere eliminate. Vediamo le diverse tipologie.
Sono errori di fabbricazione, nel caso di produzione di beni, oppure mancanze nel servizio offerto. I difetti quando si verificano devono essere analizzati e corretti ma queste operazioni richiedono sforzo e tempo, tutte risorse preziose per l’impresa, la quale, in questo modo, non ne fa un uso efficiente. La presenza di errori richiede processi produttivi aggiuntivi che, se non vengono eliminati, portano al rifiuto del bene da parte del cliente.
All’interno del processo produttivo possono essere presenti fasi inutili o ridondanti, oppure organizzate in maniera poco efficiente. Queste attività rallentano il flusso di produzione e generano un aumento dei costi. Non è conveniente avere più risorse di quante siano veramente necessarie. Per stabilire quali risorse e processi siano davvero utili bisogna sempre pensare se possano o meno generare valore aggiunto.
I prodotti tenuti a magazzino sono risorse non utilizzate che, quindi, non producono nessun guadagno ed inoltre non aggiungono nessun valore al cliente. I magazzini possono essere di materie prime, di semilavorati oppure di prodotti finiti ma in ogni caso generano sprechi e rallentamenti all’interno della catena produttiva. Inoltre sono una fonte di numerosi rischi come ad esempio la possibilità di deperimento dei beni stoccati o la loro perdita di valore.
Ogni volta che una risorsa rimane inattiva perché si ritrova a dover aspettare per proseguire la sua attività, si crea un’attesa inutile. Questo accade, ad esempio, quando un operatore deve attendere un materiale, un pezzo, o che si liberi un’attrezzatura attualmente occupata; in tutti questi casi il flusso produttivo si blocca perché non c’è sincronia tra le fasi. Il sistema diviene meno efficiente ed i costi connessi aumentano.
Tutti quegli spostamenti di un prodotto da e verso i magazzini sono attività che generano rischi: rottura, danneggiamento, ritardi, smarrimento che, di nuovo, non aggiungono alcun valore per il cliente.
È uno spreco analogo al trasporto con la differenza che si riferisce ai lavoratori ed alle macchine anziché ai beni. Movimenti superflui aumentano l’usura dei macchinari e sono uno spreco di tempo per i lavoratori.
Produrre più di quanto realmente richiesto dal cliente genera diversi tipi di sprechi, tra cui anche quello delle scorte. La produzione deve essere direttamente guidata dalla domanda, ed è questa una delle caratteristiche che contraddistingue la logica pull da quella push.
Se si verificano sovrapproduzioni possono esserci problemi del flusso produttivo che possono generare attese, scorte e danneggiamenti. Gli sprechi associati alla sovrapproduzione sono quindi molteplici.
Queste sono le sette macro-categorie all’interno delle quali ricadono quasi tutte le tipologie di sprechi riscontrabili nei processi produttivi. Ridurre questi errori è fondamentale per le imprese, che vedranno in brevissimo tempo miglioramenti sia di produttività che di efficienza.