Quando si parla di digitalizzazione si intende il processo di traduzione tra due sistemi diversi, analogico e digitale, per trasmettere e registrare informazioni. La parola digitale deriva dall’inglese “digit”, ovvero “cifra”, infatti questo processo consiste nel trasformare un segnale analogico in una sequenza di codici binari, quindi in sequenze di 0 e 1.
Pensata in questo modo, la digitalizzazione sembra una realtà molto lontana dalla nostra vita quotidiana, ma non è così.
La digitalizzazione monetaria consta nell’introduzione di una moneta digitale, ossia un quarto tipo di moneta, successiva al contante, ai depositi delle banche commerciali e alla moneta privata (depositi al pubblico). Proprio come una banconota, è un debito diretto della banca centrale nei confronti di chi la detiene, ma è del tutto de-materializzata, pur senza essere una riserva bancaria. Per emettere uno strumento di pagamento del genere, la banca deve favorire la nascita di un ecosistema composto da soggetti in grado di gestire i dati che compongono la “banconota digitale”, fornire e mantenere le applicazioni necessarie alla loro circolazione e creare punti di accesso al sistema economico che accettino questi strumenti. Senza questi componenti la moneta digitale sarebbe inutile, poiché non ci sarebbe la possibilità di spenderla.
Per l’utilizzatore finale, il meccanismo è identico a quello usato durante i pagamenti con carte di debito, di credito o addirittura con il cellulare. Colui che rende possibile questo meccanismo, che emette moneta, ha la possibilità di ottenere il controllo di ogni singola transazione, abbassando notevolmente i costi dei trasferimenti che diventerebbero quasi istantanei.
Questa metodologia di pagamento è stata concepita non per sostituire il contante ma per affiancarlo, con il fine di rendere le transazioni più rapide e sicure, promuovendo l’innovazione. Si tratta dello strumento ideale per sostenere l’inclusione finanziaria non essendo prevista l’apertura di un conto corrente. Milioni di cittadini verrebbero introdotti in modo massiccio nei mercati virtuali senza bisogno di disporre di una carta di credito o di debito, quindi con benefici immaginabili sul sistema economico. Per il cliente è sufficiente disporre di un mezzo capace di conservare la sua valuta dematerializzata, cosa non difficile nell’epoca degli smartphone e delle app. E’ sufficiente che il denaro analogico venga convertito in denaro digitale e depositato nel wallet dell’utente.
In particolare l’euro digitale, annunciato il 2 ottobre 2020, sarà utilizzabile per i pagamenti di tutti i giorni in alternativa a contante e carte di pagamento. La differenza principale con quest’ultime sta nel non dover essere un deposito bancario. Esso sarà custodito direttamente dai cittadini e non più dalle banche, riducendo notevolmente i costi delle transazioni. Non sostituirà il denaro ma lo affiancherà: al momento di pagare si potrà scegliere se usare gli euro “reali” sotto forma di banconote o con carte di credito o di debito, o l’euro digitale. Non sarà paragonabile a una criptovaluta, perché quest’ultima ha un prezzo volatile e non ha alcuna garanzia sottostante, mentre un euro digitale godrebbe della stessa fiducia riposta nel contante.
Altra tendenza digitale in continuo aumento sono i digital payments. Con il termine “pagamenti digitali” si definiscono tutte le tipologie di pagamenti effettuati in modalità digitale: acquisti online, pagamenti con e-wallet elettronici e disposizioni di trasferimento di denaro via internet. Rientrano nella categoria di digital payments anche i pagamenti P2P e le transazioni effettuate in negozi fisici utilizzando la tecnologia NFC e la modalità di pagamento POS contactless.
Tra i più diffusi del momento possiamo sicuramente nominare:
Se da lato consumatore si nota un vantaggio a livello di comodità e velocità, anche da quello dello Stato il beneficio è tanto maggiore, grazie alla trasparenza delle transazioni.
La digitalizzazione che notiamo meno e che è costantemente sotto ai nostri occhi è l’influencer marketing. Si tratta di un nuovo metodo di guadagno attraverso la sponsorizzazione sui social. Fino a pochi anni fa non era un lavoro riconosciuto, eppure qualsiasi persona avrebbe potuto trarne profitto attraverso un semplice post. La diffusione enorme di questo tipo di post “brandizzati” ha creato più di un problema, tanto da provocare anche l’intervento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato. La conseguenza è stata una comunicazione ufficiale ai più noti influencer e ai brand sponsorizzati da questi, chiedendo una maggiore trasparenza riguardo le loro collaborazioni.
Sono stati introdotti varie tipologie di hashtag per specificare la natura del post, in modo tale che il “client”, ovvero colui che sta utilizzando il social, non venga ingannato:
La tecnologia si propone di creare pari opportunità semplicemente attraverso il possesso di un cellulare e della propria identità ridotta in un codice fiscale, ma non deve creare disuguaglianze. Per questo, con l’avvento e la successiva crescita di quest’epoca digitale, la cosa importante è avere una giusta educazione finanziaria che favorisca le giuste competenze digitali per tutti.